In esclusiva sui canali ufficiali del club, la lunga intervista rilasciata dal Vice Presidente, Nicola Cirrincione. Rientrato negli Stati Uniti dopo aver presenziato sugli spalti del Selvapiana per le gare interne contro Formia ed Aurora Alto Casertano, il Vice Presidente ha affrontato diversi temi tra cui l’accordo raggiunto con Adidas e Lineaoro per il prossimo triennio sportivo ed il rush finale che attende i ragazzi di mister Di Meo, oltre ai piani futuri del club.
Vicepresidente, partiamo dall’annuncio del nuovo sponsor tecnico: avete firmato con l’Adidas, i tifosi sono subito andati in fermento. Cosa significa, per questo progetto, vantare una collaborazione del genere? Quest’anno dal detto “Il Molise non esiste” al colosso tedesco il passo è stato breve…
A Campobasso ho avuto l’onore di incontrare Mirella Scorrano, la figlia del grande capitano, che mi ha raccontato l’episodio di quando il padre giocò contro la Lazio, quando nel tunnel Giordano lo provocava deridendo il Molise che nessuno sapeva dove fosse. Lui glielo “spiegò” non facendogli toccare palla, sia lì che a Campobasso, e Mirella orgogliosa mi ha mostrato il titolo del giornale del giorno dopo dove si parlava di un Giordano annientato da Scorrano. Ecco noi amiamo lo spirito di Scorrano, lui è l’underdogs per eccellenza, colui che parte dal nulla, lavora tantissimo ed arriva a conquistare l’immortalità, Campobasso ed i suoi tifosi meritano questo. Io ho sempre detto che quella frase il “Molise non esiste” mi faceva impazzire di rabbia, una frase insopportabile e mi fa ancora più male vedere gente a cui viene detto questo che non reagisce; invece, dovrebbero prendere esempio dal grande capitano del popolo. Noi abbiamo scelto il Campobasso perché la storia di questo club ci parla di gente pronta sempre a lottare per essere lì, voi vedete tanti fallimenti, noi vediamo tante rinascite, la rinascita è lo spirito degli underdogs. Ma tutto questo può avvenire solo se c’è unione perché divisi non si vince mai, bisogna prendere esempio dalla famiglia Camardo e dalla famiglia Ferro che hanno voluto conoscerci e dopo che ci hanno valutati in grado di portare avanti il nostro progetto si sono uniti a noi, sposandolo come sponsor, mi dicono che era dagli anni 80 che entrambe non erano sponsor del Campobasso. In quegli anni la città era unita. L’accordo con Adidas è un po’ tutto questo, ricomporre quello spirito di unione che a Campobasso abbiamo iniziato a vedere nonostante tutte le sofferenze di questa estate e che ci aiuterà, per i prossimi tre anni, a diventare un brand importante a livello mondiale, tutti conosceranno la maglia del Campobasso, tutti conosceranno Campobasso ed il Molise e nessuno più potrà mai dire che il Molise non esiste, anzi noi potremmo dire, come disse il capitano, “ora non te lo scordi più dove sta Campobasso” ed il Molise aggiungerei.
È rientrato da poco da Campobasso, nell’ordine: Gardner, Pastò e adesso lei…la vostra presenza sul territorio, nonostante i chilometri di distanza, è sempre prioritaria. Come ha vissuto i suoi 10 giorni nel capoluogo, vista anche l’importanza del momento?
È sempre un piacere stare a Campobasso ed i giorni sono sempre pochi, prima di tutto perché abbiamo Ivano, Giovanni e Giacomo che sono innamorati della città e della squadra ed ogni volta mi raccontano e mi fanno vivere pezzi di storia della città bellissimi. Una di queste sere mi hanno mostrato la piazzetta di fronte al teatro e le raffigurazioni in alto delle maschere che chiacchierano, quello che da voi chiamate il “taglia e cuci”. Ecco noi non siamo abituati a questo, New York ha ritmi di vita diversi, c’è poca storia e spesso non hai il tempo di conoscerla, le famiglie stanno poco insieme, mentre da voi vedo molto attaccamento alla famiglia, il pranzo insieme da Fornaro oppure l’aperitivo serale con i bar del centro sempre pieni o le cene in famiglia o con gli amici. A Campobasso vedo molta umanità, è bello vedere persone che passeggiano per il centro, fanno “la stesa” come dite voi, e parlano rilassati con ritmi di vita più blandi che noi non abbiamo. Questo mi ha aiutato molto questa settimana, sentivo la sfida con il Formia e quella con l’Aurora Alto Casertano e camminare per il centro mi ha aiutato molto, così come è piaciuto a Gardner e ad Angelo. Siamo tutti innamorati di Campobasso e del Molise, poi loro due hanno anche origini molisane, e quindi vogliamo a tutti i costi fare bene, come disse Matt ci approcciamo a voi come un padre al figlio sapendo che siamo custodi dello spirito e della fede dei campobassani verso la loro squadra.
Ci avviciniamo alle battute conclusive ed il Campobasso è in lotta su tutti i fronti. Si sarebbe immaginato una stagione più “facile” o è tutto in linea con le vostre aspettative?
Iniziamo con il dire che siamo perfettamente in linea. Nel programma iniziale che ci aveva prospettato Ivano era molto alto il rischio di stare a pari punti con l’Isernia a questo punto del campionato, ed invece siamo a +2 ed addirittura eravamo andati a +5 e questo devia nelle valutazioni. Ma noi dobbiamo sempre ricordare da dove siamo partiti, le notti insonne in Italia ed in USA per fare la squadra e tutto il resto. Ecco una cosa la vorrei dire, leggo sui social di gente che millanta dicendo che noi siamo infelici di quanto abbiamo speso, abbiamo speso troppo e cose del genere. Allora, bisogna capire una cosa, noi siamo americani e facciamo impresa in un certo modo. Abbiamo dato a Maselli e De Filippis un budget per i prossimi tre anni e due obiettivi ben precisi tra di loro collegati: il primo quello di creare una squadra/azienda che sia capace di essere autosufficiente nel tempo, nei prossimi anni, non subito, e devo dire che Maselli e De Filippis hanno rispettato il budget alla perfezione fino a questo momento. Maselli ci ha mostrato uno scenario iniziale sulla stagione e siamo in linea, anzi meglio con quello scenario. Il secondo obiettivo, collegato al primo, è quello di andare nei professionisti perché in quelle categorie è possibile puntare all’autosufficienza che è fondamentale per evitare il fallimento ciclico che prende Campobasso. Su questi due punti per ora siamo messi meglio di come credevamo all’inizio, abbiamo trovato due persone perfettamente in linea con il modo di fare americano e ci stiamo togliendo soddisfazioni, ora bisogna condurre la nave in porto. Però devo ancora una volta sottolineare che questo progetto necessita dell’unione della città, tifosi, sponsor, istituzioni bisogna essere tutti uniti nel nome della città, come avvenne nel 1600 con i crociati ed i trinitari. La storia ci ha già mostrato come si fa per far star bene Campobasso, non dobbiamo fare altro che rifarlo, questo era il messaggio della nostra prima maglia, lo riportiamo anche ora e lo riporteremo in futuro. Se Campobasso si pensa che noi verremo lì a creare una squadra che dipenderà sempre dalle risorse della NSG sbaglia perché non faremmo il bene del Campobasso, come è già capitato. Noi vogliamo creare una squadra che sopravviva a tutto e tutti, un brand in grado di non far accadere più quello che è accaduto troppe volte negli ultimi quarant’anni. Ci riusciremo solo se la città lo vorrà e seguirà l’esempio delle grandi aziende campobassane che sono venute al nostro fianco ed insieme creeremo il branco che aiuta il lupo, perché il Campobasso è di tutti noi. Forza Lupi!